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Eros e conoscenza. Misticismo ebraico e pensiero psicoanalitico a confronto

Eros e conoscenza. Misticismo ebraico e pensiero psicoanalitico a confronto

Il testo è un estratto di un capitolo del libro: Sessualità e conoscenza, Scritti di S.G. Cusin, 2013, curato da Ambra Cusin e Giuseppe Leo per le ed. Frenis Zero web.tiscali.it/bibliopsi/frenishome.htm

Un testo che apre ad orizzonti di conoscenza infiniti e che in alcuni articoli fonda le proprie tesi nella vastità sapienziale della Cabbalà ebraica e nel pensiero di Jung e Bion. Il testo ha la prefazione di Mauro Bonetti e la postfazione di Salomon Resnik.

Silvio G. Cusin (1922-2013) è stato analista di scuola junghiana, ordinario dell’AIPA e un profondo conoscitore del pensiero ebraico e in particolare della Cabbalà a cui ha dato apporti originali e, in alcuni tratti, mistici. Cusin conosceva e leggeva il greco, il latino, l’ebraico, l’aramaico, il portoghese, lo spagnolo, il francese e l’inglese. Alcuni dei testi citati e consultati, appartenenti alla sua ricca biblioteca, sono antichissimi e preziosi.

Il testo contiene tra gli altri, un lavoro su Adler, il dettaglio di una supervisione su un caso visto con il test di Rorschach, in cui Cusin era uno dei maggiori esperti a livello nazionale, e un lavoro originale e inedito sul confronto tra il misticismo ebraico e la psicoanalisi dall’intrigante titolo:

INTRODUZIONE AL CAPITOLO di Ambra Cusin

Da molti anni Cusin sta approfondendo il tema del rapporto tra la mistica ebraica e la psicoanalisi. Tra l’estate 2011 e quella 2012 Cusin, dettando degli appunti, ha concretizzato le sue riflessioni su questa tematica complessa che sembra raccogliere il frutto del lavoro di una vita. Dopo aver presentato nel 1982 la tesi su Rorschach e Cabbalà (nota 1), Cusin ha sviluppato ulteriormente il suo pensiero e ha delineato maggiormente il ruolo dell’ undicesima Sefirah, o sfera, dell’Albero della Cabbala: Da’at. Questa è una Sefirah di difficile interpretazione che non sempre appare sui testi cabbalistici e che ha intrigato generazioni di cultori dell’argomento. Il termine “da’at” ovvero “conoscenza”, quando connesso a tematiche sessuali, compare pochissimo nella Bibbia. E’ quasi solo nella Genesi (Gen.4.1) infatti che viene affermato “ve- Adam yada’a et Havah eshto”, ovvero “e Adamo conobbe Eva la moglie sua” dove “da’at”, in forma verbale “yada’a”, significa “conoscere in senso intimo”, profondo, e in definitiva, come abitualmente intendiamo con il linguaggio corrente, congiungersi carnalmente. Con un excursus minuzioso e ricco di stimoli, Cusin percorre il destino di questo termine nella Bibbia (Primo e Secondo Testamento, quindi includendo anche il Vangelo) e nei testi sapienziali dei maggiori cabbalisti a cominciare dallo Zohar, Gicatilla, Abulafia, Luria – Ha-Ari, Hayyim Vital, il Ba’al Shem Tov e tanti altri, oltre ai contributi di importanti autori come Pico della Mirandola, Reuchlin e Knorr von Rosenroth (nota 2) per giungere ad una significativa modifica di quanto, da lui stesso espresso nel lavoro su Rorschach e Cabbala, qui pubblicato, e che concerne i significati della Sefirah Da’at. A tal fine si potranno consultare gli schemi dell’Albero della Cabbala riportati in diverse immagini. Queste immagini, come del resto afferma Semi (1988,860) proprio per la loro “componente visiva e ludica” possono essere letti come un gioco nella ricerca di connessioni, anche se talvolta, alcune tavole possano sembrare enigmatiche. Cosi li aveva usati Semi e cosi li usa Cusin, entrambi infatti condividono il pensiero che “una teoria irrigidita, poco capace di interrogare la realtà e di modificarsi con essa, diventa uno strumento di limitazione di pensiero”(ibidem,860). Ed e proprio per questo che nel presente lavoro potremmo osservare come i concetti e le figure, cercano di esprimere la profonda trasformazione nel pensiero di Cusin: dalla descrizione espressa nella figura 4 del lavoro su Rorschach e Cabbala, a quella di questo articolo in cui Da’at ha una funzione totalmente diversa che modifica le funzioni di tutte le altre Sefirot. Prima l’albero esprimeva i concetti del Rorschach, ovvero il concetto alchemico, riportato da Jung, che all’alchimista era ignota la vera natura della materia, cosicché egli la conosceva solo per allusioni, il cosiddetto linguaggio ermetico. Aggiungeva Jung “Tentando di indagarla [la materia] egli proiettava sull’oscurità della materia, per illuminarla, l’inconscio” (Jung, 1944). Ebbene per Cusin ora il punto centrale non e più la materia ma l’Uomo e le sue funzioni. Da’at in questo testo rappresenterà l’originale e appassionante congiunzione tra la conoscenza e l’eros, tra la pulsione a conoscere (epistemofilia) e il congiungimento sessuale fecondante e germinativo. Quella conoscenza che è in grado quindi di generare pensieri nuovi (nota 3) . Tale Sefirah inoltre verrà messa in relazione con la K bioniana e da questo scaturiranno interessanti relazioni con “O”, L e H, ma anche con la teorizzazione su contenitore-contenuto (♂♀) e quella relativa al narcisismo/social-ismo per arrivare al complesso discorso attorno ad “O”, quindi al tema della divinità o dell’essenza divina. Sarà interessante anche il modo interlocutorio di procedere, in cui ad ogni riga, Cusin si interroga, dubita, ricerca, confronta, si documenta e ci interpella. Leggendo riconosceremo certamente il suo modo di rapportarsi ad ognuno di noi, nelle sue analisi, nelle supervisioni individuali e di gruppo, nel suo relazionarsi sempre in ricerca, mai prigioniero di certezze effimere.

Leggere questo testo, in alcuni passaggi estremamente complesso e profondo, ci stimolerà a pensare, a mettere in dubbio qualche sicurezza a cui, come terapeuti e psicoanalisti, dobbiamo aggrapparci, ma il dono finale sarà l’apertura su una vastità di pensiero e di sapienza irrinunciabile. Cusin ci regala dunque queste sue importanti, e originali, riflessioni e scoperte con cui ci sembra di poter aprire nuove strade, sulle tracce di interessanti collegamenti tra Freud, Adler, Jung e Bion. Un materiale che certamente ci farà discutere

Note:

1 Va sottolineato come nell’ebraico scritto esistano solo le consonanti - e le vocali “possono” essere segnate sopra o sotto le consonanti con punti o linee - ed e per questo che sia in questo testo, che in altri testi citati, le parole ebraiche possono subire delle variazioni nella loro forma scritta. Per es. cabbala (per la quale noi usiamo una dizione “italiana”), può essere scritta nei seguenti modi: qabala, qabbala, qabbalah, cabala, cabala, cabalah, cabala, kabala, ecc. Per esempio si e scelto di usare per alcuni termini (Jessod, Hessed, ecc. ) la doppia ‘s’ per facilitare una corretta pronuncia nei lettori italiani.

2 Ci pare interessante sottolineare che il barone Knorr von Rosenroth era un cristiano che ha approfondito lo studio della cabbala nella linea della cabbala cristiana.

3 Per meglio comprendere le complesse citazioni dalla Cabbala, abbiamo pensato di inserire in molte note le diverse specificazioni, cosi da non appesantire il testo e la tesi che in esso viene esposta.

Estratto - pagg. 395-397

“Secondo me (Silvio G. Cusin) ci sono dunque tre forme di conoscenza: la conoscenza sapienziale (Hochmah), la conoscenza razionale (Binah) e la conoscenza in senso sessuale (Da’at). In tutti e tre i casi Chouraqui (1989) usa il termine penetrare. E questo sembra essere molto vicino al concetto di pulsione epistemofilica, a questo desiderio del bambino di penetrazione nel corpo della madre per conoscerla di cui abbiamo già detto. Va sottolineato anche che nel caso delle figlie di Lot, citato precedentemente, Chouraqui (1989, p.47, Gen. 19, 33-35) non traduce la congiunzione carnale tra Lot e le figlie con “penetrare”, ma dice “e lui non conobbe diavere avuto una relazione”, usando il termine “conoscenza” al negativo, lo yada’a.

Nel caso della pulsione di verità (ovvero il desiderio di conoscenza) il contenitore è la causa prima dell’interazione tra “O” e il contenitore, in cui esso ha una funzione trascendente (Grotstein,2010, 180). Secondo Grotstein (2010,182) quello che il contenitore contiene è la verita, la divinità “O”, come emozione allorché entra nel ciclo della trasformazione in verità personale nel processo noto come “contenitore/contenuto, ♂♀”. In questa funzione è compreso il sognare. Potremmo dunque azzardare che il “sognare” è una funzione di Da’at, che tiene insieme la conoscenza con la capacità generativa?

Qui ci troviamo ad affrontare una questione: Bion conosceva senz’altro l’Albero della Cabbalà e questo potrebbe aver influenzato le sue teorizzazioni su “O”, K, L ed H.

Dunque: se K rappresenta, insieme a L e H, degli elementi analitici che indicano i legami tra il Sé e gli oggetti (quindi in relazione dinamica tra di loro), vediamo quindi come K potrebbe essere compresa nel triangolo formato da Hokhmah, Binah riunite dalla funzione di Da’at.

Bion conosceva il pensiero di Luria e ha utilizzato come legami, accanto a Conoscenza, probabilmente quelle Sefirot che gli parevano più attualmente significative e vicine al pensiero freudiano, ovvero i fattori sessuali (L) e aggressivi (H).”… (continua…)


Dott.ssa Ambra Cusin
Psicologa Psicoterapeuta Psicoanalista a Trieste (TS)



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