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Analisi Personale

Analisi Personale

L’approccio psicoanalitico può essere individuale o di gruppo. Qui parlerò del lavoro individuale.

L’esperienza di un lavoro psicoanalitico è impegnativa, ma estremamente appassionante ed interessante. L’analisi guarda alla piccola cosa, alla parola che ci sfugge, ad un risvolto curioso di un sogno, ad un pezzettino di ricordo, ad un pensiero incomprensibile che ci ritroviamo inaspettatamente a fare, a quello che ci inquieta, ad una paura senza senso, ma anche a come i grandi temi dei nostri tempi influiscono sulla nostra vita, si intrecciano con la nostra vita e da un lato ci determinano e, dall’altro, molto più difficile da evidenziare, sono da noi determinati.

Il lavoro psicoanalitico si fonda sul riconoscimento che ci sono aspetti di noi che non conosciamo, che sono inconsapevoli (noi diciamo “inconsci”), ma che sono strettamente e misteriosamente intrecciati con il nostro essere quotidiano, influiscono sul nostro comportamento, caratterizzano la nostra personalità. Nel lavoro analitico si guarda molto meno al sintomo e al comportamento che resta sullo sfondo, anche se spesso proprio un comportamento o un sintomo ci hanno spinto a chiedere aiuto.

Fare un’analisi significa iniziare un viaggio verso l’infinito mondo interno che ci abita. E’ qualcosa che esplora un ignoto che sta dentro di noi e che attende di essere conosciuto. Va a cercare quei pensieri che stanno aspettando un pensatore che li pensi!!! Innanzitutto dobbiamo capire che in noi ci sono diversi livelli, diversi strati con una storia speciale: quello che ricordiamo, quello che con un certo sforzo riusciamo a rammentare, quello che è stato molto ben nascosto e per ritrovarlo si deve fare un gran lavoro, quello che è stato trasformato e reso irriconoscibile e quello che forse non riusciremo a conoscere e ricordare mai, ma che potremo recuperare in altri modi.

Inoltre dobbiamo rammentare che la logica con cui normalmente ci relazioniamo è molto diversa dalla logica che presiede al mondo inconscio che appare strana e incomprensibile (pensate ai sogni!) ma che invece è assolutamente logica, solo diversa da quella razionale e abituale della vita di tutti i giorni. Un lavoro psicoanalitico insegna a conoscere e saper gestire questa logica diversa con un gran beneficio, un arricchimento delle proprie potenzialità e una visione più ampia e complessa delle cose del mondo.

Per fare questo però è necessario accorgerci che noi, al fondo odiamo la realtà, preferendo le illusioni e le nostre certezze, abbiamo un prepotente desiderio di separare il buono dal cattivo per rassicurarci e spendiamo un sacco di energie psichiche  per evitare la complessità, ignorarla e sfuggire alle inevitabili ambiguità e ambivalenze della vita. Con un’analisi personale impareremo a tenere conto di questo.

Perché?

Perché gran parte della nostra sofferenza mentale, dei nostri fallimenti, della nostra tristezza, della nostra inefficienza, della infelicità affettiva, dipendono proprio da quanto appena detto.

Per fare un’analisi è necessario rispettare un ritmo  di incontri che permettono, proprio perché frequenti, di entrare in relazione con gli strati più profondi della nostra personalità. Non è importante ricordare tutto, cercare traumi, ma accorgersi di come è strutturato il nostro modo di pensare, la nostra mentalità, come siamo costretti in stereotipi di pensiero che ci imprigionano a nostra insaputa, anzi dandoci l’illusione di essere liberi.

Quindi una vera psicoanalisi implica almeno tre incontri la settimana, a volte anche quattro, per tanto tempo… perché la mente è estremamente complessa, ma soprattutto perché senza accorgerci, faremo di tutto per impedire il processo analitico, difenderci da questo, così da non dover affrontare un cambiamento e restare, magari nel malessere e nella sofferenza, ma comunque in un qualcosa che conosciamo bene, piuttosto che liberare le nostre ali nel cielo aperto della conoscenza di se stessi e della scoperta dell’infinitezza dell’esistenza! A volte però possiamo fare un lavoro psicoanalitico con un numero di sedute inferiore. Dipende da cosa chiediamo e di cosa abbiamo bisogno.

L’analisi dunque prevede un contratto iniziale che stabilisce orari, costi, giornate e implica la necessità di prendersi un impegno costante e continuato nel tempo. Aprirsi alla conoscenza di se stessi vuol dire anche che non si può interrompere da un momento all’altro perché sarebbe come decidere di mettere a posto una libreria, tirar fuori tutti i libri e poi, quando si sta cercando di fare ordine tra loro, per argomento, autore, ecc. decidere che ci siamo stancati e lasciare tutto così per aria!!

Perché un’analisi dura tanto tempo?

In genere le persone hanno l’idea che si deve “scavare profondamente in se stessi” per conoscersi. Questa è una metafora che non corrisponde necessariamente alla verità. L’analista, a parte nei primissimi colloqui in cui cerca di fare una “diagnosi psicoanalitica” (che è molto diversa dalla diagnosi psichiatrica e psicologica), non si preoccupa di andare a cercare nel passato come comunemente si pensa, a scovare i traumi e i complessi, ma sa che inevitabilmente qualcosa del passato si ripresenterà perché ha bisogno di essere il protagonista… purtroppo impedendoci di vivere il presente. L’analisi, contrariamente ai luoghi comuni, si occupa del qui ed ora, di quello che accade nella relazione tra chi chiede il trattamento e l’analista. Anche le cose più semplici come un piccolo ritardo, una seduta saltata per un altro impegno, uno sbaglio di parola mentre si sta parlando, il disagio per un odore strano che ci sembra di sentire… ecc. diventano importanti e oggetto di attenzione. Incredibilmente ci si accorge che queste piccole cose sono significative perché dicono qualcosa di noi e ci insegnano molto di noi stessi.

Il tempo lungo dell’analisi così ha a che fare con il grande rispetto che l’analista ha per i tempi della mente che non vanno forzati, che necessitano di attenzione per riuscire a superare le barriere difensive inevitabili che tutti mettiamo in atto nelle relazioni.

L’analisi è una sorta di psicoscopio (G. Zucchini),cioè uno strumento propriamente attrezzato per “vedere”, non i nostri comportamenti o i nostri sintomi, perché questi già li conosciamo, ma quello che altrimenti, ad “occhio nudo” non si riuscirebbe a cogliere!


Dott.ssa Ambra Cusin
Psicologa Psicoterapeuta Psicoanalista a Trieste (TS)



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